L’educazione sentimentale del giovane r ovvero elogio dello scaldabagno. 7

Mi sono sempre piaciute tre cose nella vita. L’acqua calda, le belle donne, la lettura.

Beh, non ci crederete, c’è un posto in cui queste mie tre passioni riuscivano a convivere ed essere soddisfatte nello stesso preciso istante. Ehm, per un lungo istante.

Ma andiamo con ordine.

Nella mia carriera verso l’età adulta una prima esperienza fondamentale è stata la scoperta dell’acqua calda. Direte, bella scoperta! E’ che voi la date per scontata. Quando SGRNKF!, il distinto uomo della caverna accanto si voleva (e su questo si apre un dibattito, forse doveva) bagnare, era per attraversare un ruscello, che come dice il nome è per natura gelido, con lo scopo di andare a trombarsi kKRLGRDADA! la seducente donna pelosa che aveva appena inventato la professione più antica del mondo. Tanto pelosa che era anche soprannominata PHYKOONA. Da Phyko, l’albero con la cui foglia si copriva l’abbondante tricocopia. Da lì il termine oggi in uso, credo.

Al massimo, dico al massimo, SGRNKF!, se ciaveva kulo metteva il piede di tanto in tanto in una pozza d’acqua calda sulfurea a 90 gradi e non essendo ancora state scoperte le virtù terapeutiche di tale liquido non vedeva perché rimanerci più a lungo del tempo di un urlo non proprio di gioia. Quindi, l’acqua calda e la sua scoperta non sono una cosa scontata. E chi lo pensa è un insensibile.

Mi ricordo ancora invece quando la mamàn, ci faceva il bagnetto. Il bagnetto per me era il massimo della gioia. E devo essere grato di questo all’inventore dello scaldabagno.

Quindi io associo ancora oggi lo scaldabagno al piacere.

La seconda tappa fondamentale nel mio cammino verso la scoperta della verità è stata l’imparare a leggere. Io leggo tutto, anche le insegne dei kebbabbari con quei loro caratteri strani. Se non capisco, comunque seguo, con gli occhi in automatico e sotto trance, le linee sinuose dei caratteri arabi. Che me frega di capi’? Intanto io leggo.

Dall’età di 5 anni io leggo. Tutto. Enciclopedìe specialistiche sui semi di soia, il dietro dello shampo, il davanti delle etichette nelle magliette degli altri, la scritta sotto le scarpe da ginnastica della signorina che mi corre davanti.

Figuratevi quando ho scoperto le riviste, una in particolare. Cosmopolitan.

E questo fa parte della mia terza fondamentalerrima tappa della scalata verso la cima dell’autocoscienza che come si sa dura tutta la vita. Almeno fino a quando non con l’età non diventi rincoglionito o fai finta di esserlo in modo che non ti rompano più coglioni. Divago.

Dicevo, Cosmopolitan, a cui ero arrivato grazie alla mia insaziabile fame di lettura, mi fece scoprire bene le donne. Ora, non è che non le conoscessi, ma lì su Cosmopolitan, loro erano ferme su una copertina o ferme su delle pagine.

Poi erano grandi, e facevano dei discorsi molto interessanti. E io, ormai lo sapete, amo la lettura.

Il tornare a casa dopo la scuola era diventato a me molto dolce. Avveniva sempre un magico fenomeno: entravo, salutavo mamma, andavo al Bagno, il luogo dove le tre mie passioni coesistevano in perfetta equilatera struttura.

Afferravo il Cosmopolitan del mese, preso a prestito a mia madre, da sopra lo scaldabagno, dove coesisteva con altri numeri, mi sedevo sul primo water libero e leggevo. UH! quanto leggevo! Almeno 20/30 minuti al giorno. Devo dire, che quelle letture sebbene molto interessanti ed istruttive un po’ mi stancavano. Ma tanto dopo si pranzava e mi ritiravo su.

Ogni tanto mia madre mi chiamava da fuori dicendomi: Riccardo la lettura stanca, ma io nemmeno le rispondevo.

La mia educazione sentimentale è cominciata così, dalle letture dei racconti di tutte quelle donne di tutti quei Cosmopolitan che io per motivi di ordine tenevo sullo scaldabagno.

Poi un giorno torno da scuola, il magico fenomeno si ripete come al solito, entro in bagno e non vedo più lo scaldabagno.

Era venuto Luigi l’idraulico e avevano messo il riscaldamento col bruciatore autonomo in cantina commi dissero mamma e papà sulla porta del bagno.

Anche la mia autonomia didattica ne soffrì un certo colpo.

CERTE STORIE
di Riccardo Loffredo